Le immagini di un recente intervento di sostituzione e revamping che abbiamo effettuato in Tempco per un impianto installato in clima marino parlano da sé: in ambiente marino, con esposizione ad agenti aggressivi, la corretta protezione del pacco alettato dei radiatori è cruciale per garantire la durata nel tempo e l’affidabilità operativa dell’impianto di raffreddamento.
Le foto scattate prima della sostituzione mostrano infatti molto chiaramente lo stato di grave corrosione delle alette del pacco di scambio dei radiatori.
Abbiamo dunque provveduto alla sostituzione dei radiatori provvedendo al contempo a un revamping dell’impianto, installando batterie di scambio con speciale trattamento ELECTROFIN. Il trattamento ElectroFin è uno speciale rivestimento protettivo anti-corrosione che viene applicato per elettrodeposizione, che assicura la corretta protezione del pacco alettato dagli agenti aggressivi cui gli impianti e le attrezzature sono esposte nelle installazioni in ambiente salino/marino.
Le centraline di termoregolazione sono essenziali per garantire un controllo preciso della temperatura nei processi industriali. Ma cosa succede quando devono essere installate in ambienti classificati ATEX, dove il rischio di atmosfere esplosive è concreto? In questi casi, la progettazione deve rispondere a requisiti stringenti per garantire sicurezza, affidabilità ed efficienza operativa.
Diverse sono quindi le sfide poste alla termoregolazione in ambiente ATEX
1. Atmosfere potenzialmente esplosive
◦ Polveri, gas e vapori infiammabili possono innescare esplosioni se combinati con scintille o surriscaldamenti.
2. Conformità alle normative
◦ Le centraline devono rispettare le direttive ATEX (2014/34/UE) e possedere certificazioni adeguate.
3. Protezione da sovratemperature e surriscaldamenti
◦ La progettazione deve evitare il rischio di hotspot o fonti di ignizione.
Gli elementi progettuali chiave in questo tipo di centraline per il controllo della temperatura riguardano una serie di elementi:
– Materiali e custodie sicure
• Strutture in acciaio inox o alluminio a tenuta stagna per evitare accumuli di polveri e gas, in ogni caso ‘certificati’.
– Sistemi di controllo a sicurezza intrinseca
• Elettronica e sensori progettati per operare in regime Ex ia (sicurezza intrinseca).
• Utilizzo di componenti certificati per ATEX Zona 1 o Zona 2.
– Componentistica antideflagrante
• Utilizzo di quadri elettrici ATEX certificati.
• Cablaggi e connessioni con guaine speciali e cavi antifiamma certificati.
Una centralina ATEX ben progettata per impiego in ambienti a rischio esplosivo offre dunque una serie di vantaggi:
Sicurezza garantita: eliminazione dei rischi di innesco.
Efficienza energetica: ottimizzazione del consumo e riduzione sprechi.
Affidabilità operativa: continuità di funzionamento in ambienti critici.
Conformità normativa: rispetto delle direttive ATEX e minori rischi legali.
In conclusione, la termoregolazione in ambiente ATEX è una sfida che richiede competenza e tecnologie specializzate. Un design accurato delle centraline non solo assicura la massima sicurezza, ma contribuisce anche a migliorare le prestazioni e la durata degli impianti industriali.
Sei pronto a ottimizzare il controllo della temperatura nei tuoi ambienti ATEX? Scopri le soluzioni Tempco per la termoregolazione industriale.
Continuiamo a parlare dei compressori multistadio, dopo un primo articolo in cui abbiamo illustrato principali funzioni e applicazioni nella produzione e trattamento di gas tecnici, quali ad esempio aria e idrogeno. Un altro punto essenziale in questa tipologia di compressori riguarda quindi il raffreddamento interstadio, componente fondamentale nei compressori multistadio per mantenere la temperatura sotto controllo e garantire prestazioni ottimali.
Esistono quindi in particolare diverse soluzioni tecnologiche per il raffreddamento interstadio, ciascuna con caratteristiche e vantaggi specifici.
Le soluzioni più tradizionali fanno impiego di scambiatori di diverse tipologie:
1. Scambiatori di calore a fascio tubiero (Shell and Tube):
◦ Robusti e adatti a gestire grandi volumi di gas.
◦ Limitati in termini di compattezza ed efficienza termica.
2. Scambiatori a piastre:
◦ Compatti e con un’elevata efficienza.
◦ Meno adatti per applicazioni ad alta pressione.
Ci sono poi soluzioni avanzate, che fanno ricorso a nuove tipologie di scambiatori PCHE:
• PCHE (Printed Circuit Heat Exchangers) ovvero scambiatori microstrutturati:
◦ Soluzioni innovative che integrano più flussi termici, ideali per gas come l’idrogeno.
Confrontare queste diverse tecnologie di scambiatori, nello studio di un sistema di raffreddamento interstadio ottimale con compressori multistadio, è fondamentale per scegliere la soluzione più adatta a ogni applicazione industriale.
I visitatori della quarta edzione di Hydrogen Expo, a Piacenza dal 21 al 23 maggio 2025, potranno toccare con mano gli sviluppi tecnologici che tutti i più importanti fornitori di componenti e sistemi stanno sviluppando per l’economia dell’idrogeno. L’idrogeno è infatti una risorsa chiave per la decarbonizzazione e la transizione verso un’industria green più efficiente e sostenibile.
Elettrolizzatori, celle a combustibile e stazioni di rifornimento di idrogeno impongono infatti requisiti molto sfidanti, nuovi per l’industria e speciali, che a seconda del principio di funzionamento delle diverse tecnologie possono implicare resistenza a pressioni molto elevate, alte temperature e compatibilità dei materiali impiegati con fluidi corrosivi.
La molecola dell’idrogeno è in particolare molto piccola, il che pone una sfida inedita alle tecnologie e componenti di sigillatura dei sistemi. Diverse sono le aziende che nella loro gamma di soluzioni hanno sviluppato tecnologie specifiche per le tecnologie a idrogeno. Ad esempio, Parker Hannifin ha sviluppato una gamma di soluzioni di tenuta progettate per rispondere agli speciali requisiti di elettrolizzatori e celle a combustibile a idrogeno, in particolare per la tenuta affidabile delle piastre bipolari, componenti essenziali delle unità responsabili della reazione chimica. Qui le piastre bipolari fungono da elementi di collegamento tra le singole celle, non solo per distribuire e raffreddare l’unità, ma anche per sigillarla e proteggerla dall’ambiente esterno.
Anche Henkel, noto produttore di adesivi industriali, ha da poco lanciato una nuova gamma di sigilla raccordi, soluzioni espressamente studiate e ottimizzate per la sigillatura dei raccordi filettati destinati all’idrogeno, in grado di soddisfare i requisiti di sicurezza e di prestazioni eccezionali in ambienti critici come i sistemi a idrogeno.
Tutta una serie di tecnologie innovative e soluzioni che favoriscono lo sviluppo e l’espansione dell’economia dell’idrogeno, assicurando efficienza, affidabilità operativa dei sistemi lungo tutta la filiera, che include la produzione, la distribuzione, lo stoccaggio e l’utilizzo dell’idrogeno. Alle ultime novità per l’industria dell’idrogeno sarà quindi dedicato l’appuntamento di Piacenza con Hydrogen Expo, evento al quale parteciperà anche Microchannel Devices, partner di Tempco per la tecnologia degli scambiatori di calore PCHE, che sarà possibile vedere presso lo stand dell’azienda nel Pad 1, B118.
Queste speciali tecniche di produzione negli scambiatori printed circuit heat exchangers consentono in particolare di ottenere un pacco di scambio monolitico a elevatissima resistenza meccanica e di realizzare layout dei microcircuiti di scambio termico personalizzabili. Ciò permette di creare i PCHE anche in modalità multistream, ideali per il raffreddamento di diversi flussi di gas nei compressori multistadio tipicamente impiegati nelle stazioni di rifornimento di idrogeno.
I materiali compositi rinforzati in fibra di carbonio sono un materiale dalle alte prestazioni in termini di resistenza unitamente a leggerezza e duttilità che trova largo impiego nel comparto automotive, soprattutto per parti e componenti nelle supercar e nel motorsport, come abbiamo avuto già modo di trattare in passato.
Anche in questo tipo di processo produttivo, il controllo della temperatura è quindi un passaggio cruciale nello stampaggio di materiali compositi come la fibra di carbonio, per una varietà di motivi fondamentali:
1. Qualità del prodotto: la temperatura influisce direttamente sulla qualità del prodotto finale. Una temperatura corretta mantenuta nel processo produttivo garantisce che la resina utilizzata nel composito si polimerizzi in modo uniforme, evitando difetti come bolle d’aria, delaminazioni o punti deboli che potrebbero compromettere l’integrità strutturale del componente.
2. Cicli di produzione: un controllo preciso della temperatura può ottimizzare i cicli di produzione, riducendo i tempi di polimerizzazione e aumentando l’efficienza. Temperature troppo basse allungano i tempi di polimerizzazione, mentre temperature troppo alte possono causare il degrado del materiale.
3. Proprietà meccaniche: le proprietà meccaniche del composito, come la resistenza e la rigidità, dipendono molto dal profilo di temperatura durante lo stampaggio. Una temperatura non uniforme può portare a una distribuzione disomogenea delle proprietà meccaniche nel pezzo finito.
4. Sicurezza operativa: mantenere un controllo stretto della temperatura è anche una questione di sicurezza, poiché temperature eccessive possono causare la degradazione termica della resina o addirittura innescare reazioni esotermiche pericolose.
Eccoci di nuovo a parlare di scambiatori di calore free flow. Questi scambiatori consentono infatti di realizzare interessanti applicazioni di recupero energetico e trasferimento di calore , e in un precedente video abbiamo già avuto modo di parlarne in relazione a una particolare applicazione nel settore tessile.
Ma esistono anche applicazioni che non prevedono per forza un recupero energetico, ma richiedono necessariamente il raffreddamento del processo produttivo a cui gli scambiatori sono asserviti. In questo caso specifico, gli scambiatori free flow sono impiegati nell’industria della carta e della cellulosa, che comprende settori che lavorano la polpa di carta e quindi, chiaramente prima che vengano formati i fogli di carta, utilizzano acqua ricca di particelle solide in sospensione.
Un’altra applicazione simile in cui utilizziamo molti di questi scambiatori è legata alla produzione di granulo plastica. Anche in questo caso, l’acqua di processo da raffreddare è molto sporca e ricca di particelle solide in sospensione.
Si tratta di scambiatori di calore a piastre e, come abbiamo già visto, presentano una struttura particolare. Qualcuno ha obiettato, non avendo punti di contatto tra le piastre, quale livello di pressione differenziale possano sopportare. Chiaramente, possono sopportare pressioni differenziali inferiori rispetto ai classici scambiatori di calore a piastre. Ecco perché, in questo caso, le piastre hanno uno spessore maggiore, a partire da 0,8 o 1 mm, a seconda delle dimensioni della piastra. Di solito sono piastre piuttosto grandi e sono caratterizzate da una bassa resistenza, quindi con basse pressioni di progetto, arrivando fino a PN6, PN10, raramente PN16.
Ma, dopotutto, il tipo di applicazioni in cui vengono impiegati questi scambiatori non richiede mai pressioni di esercizio elevate, solitamente limitate alla pressione di circolazione di una pompa centrifuga, quindi 3 o 4 bar.
I compressori multistadio sono dispositivi essenziali per aumentare la pressione di gas tecnici come aria, idrogeno e altri gas industriali. La compressione viene suddivisa in più stadi per ottimizzare il processo, migliorare l’efficienza e gestire le temperature generate durante la compressione.
A cosa servono i compressori multistadio? Questi compressori sono utilizzati in numerosi settori industriali:
• Produzione di energia: per applicazioni legate all’idrogeno e alle turbine a gas.
• Industria chimica: per il trasporto e la lavorazione di gas tecnici.
• Settore automotive: nelle stazioni di rifornimento di idrogeno per veicoli fuel-cell.
• Oil & Gas: per la compressione di gas naturali o di processo.
Perché è necessario il raffreddamento interstadio?
Durante ogni fase di compressione, il gas si riscalda in modo significativo. Un sistema di raffreddamento interstadio è indispensabile per:
• Ridurre il lavoro necessario nella fase successiva.
• Proteggere i componenti dalla temperatura elevata.
• Mantenere la sicurezza e l’efficienza operativa.
Strettamente legato ai compressori multistadio è quindi il raffreddamento interstadio dei gas tecnici trattati, possibile grazie all’impiego di soluzioni multi-stream, applicazione ideale per gli scambiatori PCHE. Due agromenti che meritano di essere trattati più diffusamente in una serie di prossimi articoli.
Iniziamo con le centraline di termoregolazione che impiegano acqua. In genere è possibile utilizzare centraline di termoregolazione con circuito atmosferico o con circuito pressurizzato.
La prima e più importante differenza è rappresentata dal range di temperatura di lavoro. Fino a 90° C possiamo chiaramente utilizzare un’unità di termoregolazione atmosferica. Oltre i 90° C, a causa del punto di ebollizione, è necessario utilizzare unità di termoregolazione con acqua pressurizzata, ovvero unità di termoregolazione con circuito chiuso e sigillato che sono pertanto in grado di resistere alla pressione. Come se fosse una specie di pentola a pressione, chiaramente con una serie di misure di sicurezza aggiuntive, ma è un argomento che potremmo trattare in un prossimo video.
Spesso si impiegano anche gruppi termoregolatori ad acqua pressurizzata perché offrono un vantaggio, ovvero permettono di essere installati in qualsiasi punto dell’impianto senza rispettare le altezze. Spieghiamo meglio: una centralina atmosferica, avendo un circuito idraulico aperto, necessita di avere il vaso di espansione posto nel punto più alto dell’impianto, altrimenti, per il principio dei vasi comunicanti, l’impianto si svuoterebbe.
Una unità di termoregolazione pressurizzata è invece fondamentalmente un circuito chiuso e sigillato, quindi l’acqua viene messa in circolazione e una volta sfiatata l’aria dai punti alti dell’impianto la centralina può funzionare senza problemi. Chiaramente, la tipologia di centralina più appropriata può essere selezionata in base al tipo di impianto.
Molte volte, la centralina atmosferica offre vantaggi rispetto a quella pressurizzata. La centralina pressurizzata, come detto, offre il vantaggio che, una volta sfiatata l’aria dal circuito, il circuito è pieno, l’acqua circola e non ci sono ulteriori problemi. Ma ci sono alcuni processi industriali che presentano circuiti molto complessi, con vari punti in cui si possono formare sacche d’aria difficili da sfiatare ed eliminare. In questo caso, una centraline di termoregolazione atmosferica installata nel punto più alto dell’impianto potrebbe essere una soluzione vincente, perché la pompa rimane sotto il battente del serbatoio, e quindi sempre azionata dall’acqua, e spinge l’acqua all’interno dell’impianto.
Eventuali bolle d’aria non arriveranno alla pompa ma saranno raccolte direttamente nel vaso di espansione o all’interno del serbatoio di raccolta dell’acqua, che è installato nel punto più alto dell’impianto, e quindi automaticamente sfiatate, senza problemi. Questo consente di operare con la pompa senza problemi, soprattutto nella fase di avviamento dell’impianto.
In tema di infrastrutture sostenibili e tutela dell’ambiente e della salute in caso di sversamenti accidentali di olio diatermico nelle centraline di termoregolazione, un articolo alternativo e molto interessante, che unisce innovazione e sostenibilità, è FoamFlex, un polimero ecologico sviluppato per prevenire ed eliminare l’inquinamento da oli e idrocarburi.
Si tratta nello specifico di una spugna riutilizzabile sviluppata da Test1 Solutions, una PMI innovativa partecipata da CDP, che in breve tempo è in grado di assorbire e recuperare grandi quantità di olio, apportando un radicale cambiamento in senso green ed ecologico nella gestione degli oli e dei rifiuti. FoamFlex è una spugna oleofila e idrofoba altamente performante e riutilizzabile dopo la strizzatura. L’innovativo materiale sostenibile sviluppato da T1 è in grado di assorbire oli industriali, carburanti e oli dielettrici, e consente di essere strizzata e riciclata fino a 200 volte, mantenendo le stesse performance e riducendo del 93% i costi di bonifica e smaltimento per l’industria e le infrastrutture e del 98% l’impronta di carbonio, grazie alla drastica riduzione dei rifiuti.
Lo speciale materiale consente il recupero di solo olio, 1 kg di materiale assorbe fino a 5.000 kg di idrocarburi, e non di acqua, che viene catturata in percentuale inferiore al 5%. Il processo di strizzatura è semplice e veloce, e può avvenire sia con metodi manuali sia automatizzati. Il materiale è compatibile con tutti i tipi di oli e idrocarburi, e l’olio recuperato può inoltre essere classificato come olio esausto e tornare come risorsa in ottica di circolarità. Rispetto ai tradizionali metodi di assorbimenti di oli, FoamFlex riduce quindi di oltre il 99% le emissioni di CO2 generate, potendo essere riutilizzata senza generare rifiuti solidi.
FoamFlex si propone quindi come una soluzione sostenibile per mitigare l’impatto ambientale ad esempio di impianti di termoregolazione a olio diatermico o fluidi dielettrici per raffreddamento di trasformatori nel caso di sversamenti accidentali di olio. Questi, se non gestiti correttamente, oltre a essere dannosi per l’ambiente rappresentano una potenziale causa di incidenti sul lavoro, quali scivolamenti, incendi, esalazioni e irritazioni cutanee. Offrendo in tal modo una soluzione ecologica di valore sui molteplici fronti della sicurezza, della salute e della tutela dell’ambiente e della biodiversità.
Una delle applicazioni più interessanti e frequenti delle centraline di termoregolazione TREG che implementiamo in Tempco riguarda i banchi prova. Si tratta in particolare di un argomento sempre di grande attualità perché trova sempre nuove e diverse applicazioni.
Le TREG trovano infatti numerose tipologie di applicazione nei banchi prova, ad esempio quando i banchi prova sono destinati al collaudo di componenti automobilistici come radiatori, di parti di motore o anche di utilities legate all’industria automobilistica, ad esempio pompe per la circolazione dell’acqua o pompe elettriche, o comunque componenti che sono sottoposti a forti variazioni di temperatura, sia dovute alla temperatura ambiente che alla temperatura del fluido con cui lavorano.
Bene, è molto interessante poter testare queste apparecchiature introducendole all’interno di camere climatiche dove variamo la temperatura ambiente. Insieme alla variazione della temperatura ambiente, è anche interessante variare la temperatura del fluido che alimenta questi elementi o che devono trattare. Chiaramente, si può quindi seguire la temperatura della camera climatica, seguendo quindi una certa temperatura ambiente, o anche andare in contrasto con la temperatura ambiente per valutare e convalidare il comportamento di questi componenti in condizioni di temperatura variabile.
Allo stesso modo, le parti meccaniche dei motori vengono testate inducendo una variazione della temperatura, ad esempio dell’olio lubrificante, a seconda delle diverse condizioni di lavoro. Invece di un motore completo, è anche possibile testare singoli componenti utilizzando anche variazioni di temperatura in un intervallo molto ampio, da temperature di valore negativo fino a temperature estremamente positive, ad esempio da -20° C fino a +130° C. Questo perché possiamo ad esempio pensare di avere un motore all’interno di un veicolo parcheggiato ed esposto a temperature molto fredde, che viene avviato facendo salire velocemente la temperatura fino a raggiungere le normali condizioni di utilizzo. E quindi abbiamo una variazione di temperatura molto ampia, ad esempio per l’olio refrigerante.
Tutte queste applicazioni possono essere servite da unità di termoregolazione che simulano accuratamente le varie situazioni ambientali e le diverse situazioni di carico.
TEMPCO studia e realizza sistemi e soluzioni per il raffreddamento, riscaldamento, termoregolazione e scambio termico, nei differenti processi produttivi industriali.