Scambiatori e corrosione dei materiali in ossidazione anodica

Il tema già discusso delle applicazioni di ossidazione anodica ha dato il via a una serie di dubbi e domande, riguardanti soprattutto il tema della scelta dei materiali resistenti alla corrosione negli scambiatori di calore. Negli impianti di ossidazione anodica dell’alluminio infatti gli scambiatori lavorano con soluzioni di acido solforico in genere in concentrazione al 20%, e temperature di circa 20-25° C. Stando ai diagrammi di ISO-corrosione, queste condizioni consentirebbero di impiegare AISI 316. Il rischio è però che le temperature non siano sempre quelle, alzandosi a livelli superiori ad esempio durante lo spegnimento degli impianti nella stagione estiva.

Sarà allora opportuno selezionare un altro tipo di materiale, che è l’Avesta 254 SMO, materiale alto legata con ottima resistenza ai cloruri e a concentrazioni e temperature elevate. In caso non fosse sufficiente è possibile passare al Titanio, comunemente usato in applicazioni con acqua di mare offrendo elevata resistenza ai cloruri in concentrazioni molto elevate e ad alte temperature.

Parlando di costi, fatto 100 l’AISI 316, Avesta 254 SMO e Titanio valgono circa 200, a seconda poi delle variazioni di mercato.

Il discorso si complica a concentrazioni crescenti di acido cloridrico, per cui Titanio e Avesta non bastano più. Bisogna allora fare ricorso ad Hastelloy C276, altro materiale alto legata dai costi piuttosto importanti e di reperibilità relativamente bassa sul mercato. Si tratta però di un materiale stampabile a freddo, per cui ottima soluzione per le piastre degli scambiatori di calore.

 

Le scelte sono quindi abbastanza simili per scambiatori di calore a fascio tubiero, per cui è possibile trovare tubi in 254 SMO, tubi in titanio anche seppure con qualche difficoltà in più, e così per l’Hastelloy C276. Intervengono però qui anche altre soluzioni, per cui è possibile utilizzare scambiatori realizzati in altre tipologie di materiali, quali Incoloy e Monel. Andando però su materiali sofisticati con costi elevati sia come materia prima che nella lavorazione.

Quando il coefficiente di corrosione diventa ancora più elevato si opta quindi per scambiatori in grafite: scambiatori particolari, per qualche tratto simili a scambiatori a piastre o a fascio tubiero, e costruiti usando mescole di grafite.

Si passa poi agli scambiatori di calore in plastica, tipo di scambiatori a chioma fatti di tubicini in plastica che vengono immersi nella vasca da termostatare. I materiali in genere usati sono polipropilene, PVC e altri, a seconda poi del tipo di applicazione, della lavorabilità e delle temperature coinvolte. Quando si tratta infatti di dover scaldare, con la plastica occorre fare molta attenzione.

Infine, uscendo dall’ambito dell’ossidazione anodica ed entrando nel farmaceutico, pensando alla resistenza dei materiali con fluidi corrosivi, esistono anche scambiatori e reattori in vetro. Tenendo però ben presente che siamo qui in un ambiente che implica condizioni totalmente differenti rispetto a quelle più ‘pesanti’ di un impianto di ossidazione anodica.

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